Lungo il Fosso dell'Acero ovvero la Valle delle Cento fonti

Uno degli scrigni della verde Laga


Molti anni sono passati da quando un anello stupendo sulle creste della Laga, dalla Costa delle Troie per il Gorzano fino alla Laghetta tutta, mi aveva avvicinato a questa meraviglia della natura che è la valle delle Cento fonti, Marina l’aveva frequentata molto di più ma mai l’avevamo vissuta insieme, c’era più di un motivo per ritornarci. Eravamo ad Ascoli, un’ora e mezza di comodo avvicinamento e siamo a Cesacastina, dalle prime case del paese, un paio di curve e si è già sulla piazzetta, la strada brecciata che da questa devia sulla destra verso il vecchio campo sportivo, da dove normalmente si parte per l’escursione due chilometri più in alto, non è percorribile, l’acqua di chissà quanti temporali ha scavato profondi canali di scolo, troppo profondi per le nostre utilitarie; ci parcheggiamo sul lato della strada all’uscita del paese e prendiamo a salire scansando i profondi solchi; monotona la strada fin tanto non si superano i primi fossi e fin tanto non arriviamo agli affacci verso il Gran Sasso, sensazionali davvero. Lasciamo le lingue di bosco alle spalle, i tetti di Cesacastina giù in basso si intravedono tra la folta vegetazione, lentamente aggiriamo la larga dorsale che sopra si allunga sulla Costa delle Troie, fino ad arrivare nella zona del vecchio campo sportivo ormai completamente in disuso. Sul curvone un incrocio, la strada continua a salire ancora sulla destra, mentre a sinistra accanto ad una tabella dei sentieri ed oltre una sbarra sempre aperta scende un’altra brecciata che si inoltra verso il fosso dell’Acero. E’ questo fosso il motivo conduttore di questa escursione, l’imbuto, lo scivolo che raccoglie tutti i mille rivoli che scendono dalle Cento fonti; per molti è luogo comune pensare alle Cento fonti come questo fosso, come il famoso e inconfondibile scivolo di arenaria, tanto famoso quanto frequentato, che raccoglie i tanti rivoli che scendono dall’anfiteatro erboso lassù in alto, quasi a 2000 mt, tra le vette del Gorzano e della Laghetta. La località delle Cento fonti è invece proprio quell’enorme catino erboso sotto il Gorzano, quell’insieme di fossi e dune, piccoli rivoli tra il manto erboso e scivoli di arenaria, cascate scenografiche, dove sopra scorre una delle più belle creste dell’Appennino e davanti lo sguardo si allunga verso la catena del Gran Sasso. Prendiamo la strada di sinistra che scende verso il centro della boscosa valle, il fosso dell’Acero appunto; dopo poche centinaia di metri una palina con dei cartelli sentieristici indica sulla sinistra il sentiero che sale direttamente da Cesacastina, lo seguiremo al ritorno, proseguiamo diritti ancora alcune centinaia di metri e si traversa il fosso su un ponticello di cemento, qui davvero povero di acqua. Una curva a gomito verso sinistra e dopo circa trecento metri un ulteriore tornante devia verso destra; qui la strada è sbarrata da una catena, continua in leggera salita ancora per circa un mezzo chilometro fino al rifugio dell’ENEL. Il sentiero continua alle spalle della costruzione, se si continua diritti sullo slargo che si ha davanti si arriva a buttare un occhio sulla aberrante presa dell’ENEL che intercetta il flusso idrico del fosso. Si prosegue dietro ed oltre il rifugio ENEL che non ha caso prende il nome del fosso “Acero”, un breve tratto di poche centinaia di metri sale repentino tra una folta vegetazione e con qualche tornante che allevia un minimo la pendenza, di fatto sarà il tratto, per fortuna breve, più ripido della nostra escursione. Quando si esce dal bosco e mentre il profilo si appiattisce un po’, si intercetta un omino di pietre e dopo pochi metri un’altra brecciata che scendendo riporterebbe al rifugio ENEL, la si sfiora appena e si prende a destra, una sottile traccia, degli ometti e dei segnali bianco rossi sugli alberi indicano la direzione. Si rientra nel bosco e il sentiero si rifà ampio, si continua per una ventina di minuti, se si fa attenzione si capisce che si sta riconvergendo verso il centro del fosso dell’Acero, dopo qualche minuto di cammino si ricomincia anche a sentire lo scorrere dell’acqua che nel frattempo si era perso. Sotto un grosso faggio una roccia levigata sormontata da un piccolo altarino dedicato alla Madonna preannuncia lo scorcio più famoso di questa escursione, come un balcone sporge sul letto del fosso, in questo tratto un ampio e levigato lastrone di arenaria che scende ampio e ripido dall’alto, tanto levigato che l’acqua che ci scivola dentro fila veloce e silenziosa. Scende dall’alto, fin dove l’occhio arriva, il bosco è interrotto da questo lastrone di arenaria liscio come solo lo scorrere continuo dell’acqua sa costruire; sembra quasi che un nostrano Mosè abbia voluto riprendersi una rivincita, qui è l’acqua ad aver separato il bosco e la terra. Ci si ipnotizza a guardare lo scorrere dell’acqua, sembra sentire il richiamo delle sirene dall’altra parte del fosso, “..vieni, vieni, dai, attraversa questa autostrada dell’acqua…”; credo che tutti quelli che passano da queste parti sentano in cuor loro il richiamo di queste sirene, per fortuna in pochi cedono alle lusinghe, sarebbe il gesto più pericoloso che si possa fare, su questi lastroni all’apparenza inoffensivi, in molti sono scivolati, qualcuno non l’ha potuta raccontare tanto sono stati sbatacchiati e trascinati dalla corrente o dalla pendenza viscida lungo il ripido scivolo. Quando lo scarpone scivola e perde la presa non ci sono più appigli per tenersi, si va via, si prende velocità e ci si ferma sulla prima roccia che si trova lungo il fosso, quando va bene; si perché quando va male si vola in una delle tante cascate che si trovano lungo il letto del fosso. Insomma, senza voler spaventare nessuno evitiamo stupidi gesti che potrebbero rovinare la giornata, è già accaduto e purtroppo accadrà ancora, rimaniamo sul sentiero e accogliamo i divieti di attraversamento dei tanti cartelli che sono disseminati lungo il percorso. Saliamo ancora al limite del bosco, ora sfiorando lo scivolo d’acqua ora discostandoci, fin che non se ne esce definitivamente, si attraversa su una passerella in pietre un piccolo rivolo secondario e si continua su un sentiero ben tracciato in mezzo ad erba alta fino a riportarsi al limitare del fosso dell’Acero. Qui iniziano una serie di salti rocciosi che danno vita alle cascate più belle delle Cento fonti; il sentiero sale tra l’erba e in prossimità delle cascate piccole deviazioni permettono l’accesso al greto del fosso. Tutti scenari suggestivi, lo scivolare dell’acqua è una musica rilassante, in prossimità delle cascate diventa un piacevole scroscio ma su di tutti voltandosi indietro coinvolge la cartolina del profilo del Gran Sasso. Lo scivolo di arenaria al centro dell’immagine, il bosco e i prati ai lati e nel mezzo, in fondo, i possenti profili del Gran Sasso, una cartolina, ma di quelle indimenticabili. Saliamo fino ai 1700 mt circa della sorgente Mercurio, ci appollaiamo poco sotto, dentro il fosso, dentro un crocevia di piccoli fossi a dire il vero, al riparo dal vento, l’erba è di un verde allucinante, intenso, vivo, i corsi d’acqua sono di quelli educati, non fanno rumore, scivolano quasi a confondersi con i prati intorno. E’ un paradiso idilliaco, suggestivo, da rimanerci tutta la vita; la Costa delle Troie sale ripida sulla nostra destra, si va perdendo tra le nuvole basse, le stesse che ci impediscono di scorgere la cresta della Laghetta su in alto. Rimaniamo in questo eden per una ventina di minuti, non ci va di salire ancora, la discesa per la stessa via è una sosta continua presso tutte le cascate, ci siamo concessi anche momenti di beata solitudine; ho cercato di catturare con le foto i tanti dettagli che ci circondano, non solo panorami stupendi ma fiori, spumeggianti giochi d’acqua, dettagli della meravigliosa arenaria. Quando riprendiamo il sentiero incontriamo ancora processioni di escursionisti in salita a conferma di quanto sia gettonata questa escursione. La discesa per la stessa via è veloce, dentro il bosco il vento si attenua, riprende a far caldo; una sosta alla presa Enel per curiosare al di là delle reti il mostruoso sbarramento in cemento, poi il ponticello e la risalita verso il rientro. Alla palina qualche centinaio di metri prima del vecchio campo sportivo prendiamo sulla destra per evitare la lunga brecciata di ritorno; un bel sentiero dentro la valle esce presto dal bosco, qualche tornante e perde quota involandosi verso Cesacastina che raggiungiamo dopo nemmeno mezz’ora di cammino. E’ sempre una bella escursione questa delle Cento fonti, anche non salendo fino alla Laghetta o al Gorzano si riportano a casa mille emozioni, tanti spunti, tanta suggestione e una “cascata” di poesia come solo l’acqua sa regalarti. Per i dettagli tecnici e per chi non conosce l’escursione si tratta di un percorso adatto a tutti, sono 5 o 6 le ore di cammino tra andata e ritorno comprese le lunghe e tante soste, 600 sono i metri di dislivello. Raccomando ancora di evitare la tentazione di entrare all’interno del fosso nei tratti di pendenza accentuata.